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ARTE CHIESE MITI E LEGGENDE

Il Quadro Divino: l’effige sacra tra storia e leggenda

Quadro Divino all'interno della basilica

La storia del nostro paese è ricca di fatti inspiegabili, misteri o miracoli che dir si voglia. Dalle apparizioni della Vergine nel ‘500 alla salvazione dal terribile terremoto del ‘700. Ma se dovessimo fare una classifica degli avvenimenti più oscuri, impenetrabili e arcani accaduti nel nostro territorio, al primo posto oserei mettere la vicenda del Quadro Divino. Accanto alla statua della Madonna della Quercia è, di certo, l’altro emblema spirituale venerato dai Conflentesi e dai numerosi pellegrini, soprattutto dagli emigrati. L’effige, infatti, si porta in processione la seconda domenica di agosto in occasione proprio della festa dell’emigrato. Ma cosa rappresenta? Quando è stato dipinto? E da chi? Cerchiamo di ripercorrere la storia di questa Tela Sacra.

Il Quadro Divino

Il Quadro Divino sormonta l’altare maggiore. Trova collocazione nel ripiano più alto, come per avere una visione a 360° della navata. Ed è abbracciato da due angeli che lo proteggono e custodiscono. La tela, un metro di lunghezza e 80 cm di larghezza, è incastonata in una cornice dorata. Sullo sfondo anch’esso dorato, la Vergine, avvolta in un manto stellato che le copre il capo e le spalle, ha il volto marmoreo, le poche ciocche di capelli che spuntano dal manto paiono bionde e gli occhi intensi. Ma soffermiamoci un attimo ancora sul manto. Il panno è blu scuro, quasi cobalto, con l’interno di un azzurro più chiaro. Vi sono disegnate 5 stelle, ognuna fatta da 5 globi dorati a formare una “x”. Ma ciò che cattura l’attenzione è la stella più grande, una cometa, sulla spalla destra con al centro una pietra rosso rubino.

Quadro divino
Foto dall’archivio di Egidio Baratta

Simbolo, questo, che porta alcuni a pensare che la Madonna in questione rappresentasse l’Ave Maris Stella, ossia la Madonna di Porto Salvo. Dal mantello escono fuori solo le braccia, coperte da una veste rossa, che reggono il bambino, mentre in una mano stringe un panno bianco. Gesù, ricoperto da una veste verde scuro, guarda con viso angelico e infantile la Madre. Tiene stretto un libro, la cui copertina richiama il mantello della Vergine, col braccio sinistro, mentre con la mano destra fa un gesto di benedizione. Sul capo di entrambi poggiano diademi dorati: quello della Vergine pare sorretto dai due angeli. E l’oro è presente anche nelle aureole dietro le corone, nella bordatura al collo della veste del Bambinello e nel collo e ai polsi del vestito di Maria.

Ma perché “Divino”?

Ebbene, nella parte quarta del decimo fascicolo della Rivista Storica Calabrese del 1905, una persona, presumibilmente un parroco, di cui non si conosce il nome, menziona Conflenti, la chiesa e il suo quadro. Insieme a Sua Eminenza e il Vescovo di Nicastro, si mise in cammino per giungere a Martirano con il fine di valutare i danni provocati dal terremoto. E, durante questo lungo viaggio a bordo di una carrozza, passarono anche da Conflenti. Qui visitarono la chiesa e il narratore rimase affascinato dal Quadro che stima essere “dell’età classica del ‘500 e della scuola di Antonello di Messina, se non proprio di lui…”. Dunque, in questo testo storico si avanza l’ipotesi che l’autore del quadro fosse Antonello di Messina o, comunque, un’artista della sua scuola. Mentre altri documenti parlano di Muzio Roblani di Messina quale pittore incaricato.

Antica Foto del Quadro
Foto di Umberto Stranges, dall’archivio di Egidio Baratta

Ad ogni modo, nessun documento ufficiale ne attesta l’effettiva paternità. Questo ha fatto sì che la tela fosse inserita tra i grandi Misteri d’Italia. L’antropologo piemontese, Massimo Centini, uno tra gli storiografi più importanti d’Italia, si occupò della vicenda senza, tuttavia, venirne a capo. Ancora non abbiamo risposto alla nostra domanda. Si narra che l’artista incaricato della realizzazione si recò in chiesa, il 9 luglio 1581, per proseguire l’opera, ma la trovò con gran sorpresa ultimata. Vani furono i tentativi di capire chi fosse entrato di nascosto e avesse compiuto tale meraviglia. Nessun segno di forzatura, nessun pennello sporcato. Dunque, la questione si risolse attribuendone la pittura agli angeli. Da qui l’attributo ‘divino’!

E sapevi che esiste una copia del Quadro Divino?

E sì, è custodita all’interno della cattedrale di Lamezia e porta la firma di Nathanael Theuma. L’opera è una riproduzione alquanto fedele del nostro Quadro Divino realizzata seguendo la tecnica dell’icona. Sul capo della Vergine e del Bambino vi sono, però, dei diademi in argento e laminature in oro realizzati interamente a mano da Michele Affidato.

Copia del quadro divino
Foto dall’archivio di Egidio Baratta

Quello della Madonna ha 12 foglie sorrette da semicerchi mentre sulla parte superiore risaltano 12 stelle. Sovrasta la corona la lettera “M” che porta incastonato un topazio azzurro. La corona di Gesù, invece, è composta da grappoli d’uva e foglie. Presenta all’apice il simbolo “Pax” con anch’esso incastonato un topazio azzurro. Sempre della pregevole manifattura dall’orafo calabrese è la stella cometa sul manto di Maria fatta da pietre, argento e laminature in oro.

Il Quadro Divino: l’effige sacra tra storia e leggenda ultima modifica: 2020-04-03T09:40:29+02:00 da Serena Villella

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