Quartieri. Visora: un luogo sacro, il posto prescelto

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Visora: un luogo sacro, il posto prescelto

Juarnu A Madonna

I Palloncini riempiono il cielo sopra il sagrato

Oggi vi raccontiamo un’altra zona di Conflenti. Vi parliamo di Visora, nota comunemente come Santa Maria; di com’era e com’è diventata nel corso dei secoli.

Visora

Lo studio etimologico spiega che il vocabolo Visora si compone di due parole: Vis ‘ vuoi’ e Ora ‘prega’. L’interpretazione più diffusa è da sempre ‘Se/quando vuoi, prega’. Giuseppe Raso, nel suo libro “Visora. La storia meravigliosa”, avanza l’ipotesi che, invece, “possa essere un adattamento di ‘vasari‘, cioè dell’attività tipica degli omonimi artigiani che potevano essersi insediati in tale luogo per lavorare l’argilla affiorante in più parti della zona”. Lo scrittore non esclude “che il nome possa essere scaturito da una lenta evoluzione della parola ‘vìsala‘ o ‘vìsulu‘ che è l’antico nome del ‘mattone a pedata’, cioè del mattone pieno usato anche per la pavimentazione di interni”.

Visora. La piazza un tempo

Piazza visora con il colonnato e la statua di Carlo Maria Tallarigo – Credit: Angela Stranges

Un luogo di preghiera

La località è famosa per essere stata teatro di eventi grandiosi quali apparizioni e miracoli operati dalla Vergine Maria. E a questo posto si lega anche una vicenda che vede coinvolto San Francesco di Paola. Si narra, infatti, che un giorno il Santo passò dall’incrocio di strade che un tempo caratterizzava Visora, al cui centro sorgeva un imponente olmo. Osservandolo, esortò i presenti a piantare in quel luogo delle croci ed esclamò la sua profezia: lì sarebbe stato eretto un Tempio dedicato alla Madre di Dio. E così fu. I lavori di costruzione di quella che è oggi Basilica Minore iniziarono nel 1580. Il 26 agosto 1607 fu definitivamene consacrata.

Visora. Com'era un tempo.

Visora immersa nel verde – Credit: Angela Stranges

Ma com’era Visora prima della costruzione del Santuario?

La zona di Visora è il centro della vita spirituale dei Conflentesi. La conosciamo così: il Santuario con il suo campanile ricoperto da maioliche che, illumanate dal sole, sbrilluccicano come a indicare che lì c’è un posto magico. La casa delle suore e, di fronte, quella del rettore Don Adamo. Il sagrato con i suoi sampietrini, le panche, i fiori, l’Albero. Il colonnato sul retro, la piazza con le pietre che fanno male ai piedi e il famoso bar.
Ma un tempo non c’era niente di tutto ciò. La zona, di proprietà della famiglia Calabria, era un trivio di strade in mezzo a boschi di castagni e querce. Il già citato Raso descrive questo luogo come “una ubertosa contrada rurale con qualche modesta turra e un mulino alimentato dall’acqua di Marignano”, distante circa un chilomentro dal centro abitato.

Visora. L'olmo, il santuario e il campanile

Antica foto del rigolioso olmo, del santurario e del campanile con le maioliche – Credit: Angela Stranges

‘U chjiuppu

«’A chiazza paisana è ccummigliata
de l’umbra de ‘nu chjuppu sieculare;
‘ntuornu cce sta, mu ti cce pûe assittare,
‘nu sidile ccu dduppia scalunata.
‘A gente d”o paise, a bbesperata,
si cce sole jjuncire, ppè ttagliare
i panni a ttutti quanti e ppe’ sputare
sintenze supra i fatti d’ ‘a jurnata.»
Da L’americanu
Vittorio Butera

Visora. L'olmo com'era un tempo.

‘U chjuppu – Credit: Angela Stranges

Così Vittorio Butera, nella poesia L’americanu, descrive quello che è uno dei simboli del nostro paese: ‘u chjiuppu.
Si tratta di un olmo ultrasecolare che si dice si sia formato dall’unione di quattro piante.
Situato un tempo in un angolo del sagrato, unico chjiuppu in mezzo a querce e castagni, si narra fu piantanto in quel punto per indicare il centro di un incrocio fra tre strade: una che portava a Martirano, una che saliva verso Motta e una terza che conduceva a Conflenti Superiore. Secondo un’altra voce, invece, fu piantato durante la rivoluzione francese come albero della libertà in contrasto con la Chiesa. Quest’ultima notizia risulta poco fondata poichè l’albero risale a un’epoca precedente.

Le disavventure del pioppo

Fino al 1996, all’età di 430 anni, la sua chioma si elevava al cielo folta e rigogliosa. Dall’aprile di quell’anno, debilitato dalla potatura, fu vittima di intemperie che lo svilirono. Studi botanici rivelorono che le costruzioni di piazza, case e strade danneggiarono profondamente le sue radici: la pianta, senza le cure appropriate, era destina a non rinverdire più. Da quel momento, il grande olmo cominciò pian piano a perdere le sue foglie e i suoi rami a rinsecchirsi. Rimase in quella postazione fino al 2009. In quell’anno, il vecchio chjiuppu fu spostato, con tutta la struttura che lo ospitava, al lato del colonnato alle spalle della chiesa.

Visora. Olmo dov'è adesso

L’olmo dov’è collocato oggi – Credit: Giuseppe Musolino

Al suo posto fu piantato un tenero olmo che, si spera, diventi un degno sostituto del precedente.
Ma la disavventure del pioppo non sono ancora finite. Per preservarlo dalle intemperie affinchè rimanesse, seppur privo di vita, il simbolo del nostro paese, si decise di custodirlo in una teca. Durante i lavori di costruzione della medesima, l’albero fu vittima di un incendio. Grazie al tempestivo intervento, solo meno della metà del tronco è diventata carbone.

Fonte: Francesco Stranges, “Visora. La storia meravigliosa” di Giuseppe Raso, “Racconto Conflenti” di Giuliana Paola Carnovale.

Visora: un luogo sacro, il posto prescelto ultima modifica: 2019-03-28T09:00:15+01:00 da Redazione

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