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ARTIGIANATO TRADIZIONI

La Corajisima: rivive l’antica tradizione conflentese

Corajisima Bressi

La messa in scena della morte di Re Carnevale, nella sera del martedì grasso, segnava la fine delle abbuffate e dei festeggiamenti. Negli ultimi anni si sta riprendendo questa simpatica tradizione. Consiste nel portare in processione per le vie del paese una bara con dentro Carnevale morto, seguita da donne e uomini vestiti di nero che piangono il defunto. I bambini e i ragazzi mascherati, girando per le case, fanno l’ultima scorpacciata di polpette di carne. Dal giorno successivo, infatti, mercoledì delle ceneri, per quaranta giorni di Quaresima fino al giorno di Pasqua, si sarebbe evitata la carne e si dava il via a un periodo di rinuncia e privazioni.
E il mercoledì delle ceneri, un tempo, era anche il giorno in cui le signore conflentesi esponevano la loro Corajisima.

La Corajisima

Nell’immaginario popolare Quaresima è la vedova di Carnevale, rappresentata come una vecchietta. Fino agli anni cinquanta circa, erano tante le famiglie conflentesi che esponevano alle finestre o ai balconi, o appendevano sospese a una canna da una casa all’altra, delle rudimentali bambole di pezza dette “Corajisime” o “Quarajisime”.
Queste primitive pupattole reggevano tra le manine il fuso e la conocchia, a simboleggiare il trascorrere del tempo, e  ricordavano alla comunità di osservare le rinunce e privazioni predicate dalla dottrina cristiana.

Corajisima Pupazza conflentese

Il calendario quaresimale

Avevano anche funzione di calendario del periodo quaresimale. La Corajisima, vestita con un lungo abitino nero o una gonnella rossa di “pacchianella”, aveva alla base una patata con sette penne di gallina. Le nonne, a partire dalla prima domenica di quaresima, ne sfilavano una ogni domenica fino ad arrivare al giorno di Pasqua. L’ultima penna segnava la fine del lungo periodo quaresimale.
Le campane risuonavano a festa per la Resurrezione di Gesù e le corajisime sparivano improvvisamente dalle finestre e venivano riposte nelle cassepanche. Si potevano così riprendere i salumi dalle “cannizze”. Ed era possibile finalmente consumare i dolci di Pasqua, buccunotti, cuzzupe, colombe, pastiere.

La Corajisima conflentese

A Conflenti rimane ancora vivo il ricordo della Signora Serafina Vizza. Ogni anno tirava fuori la sua bambola della Quaresima e la esponeva alla finestra di casa sua, alla discesa del Piro, per ricordare alla comunità di rispettare l’astinenza quaresimale.
Una tradizione molto radicata, un tempo, nella cittadina del Reventino, che aveva più espressioni rappresentative. Nel quartiere Santa Maria era facile incontrare pupattole di pezza dall’abitino nero. Nel Centro storico, dove l’artigianato tessile era fiorente, si confezionavano eleganti bamboline con l’abitino di “pacchianella” locale.

Corajisima. La piccola conflentese
La piccola Saretta e la sua Corajisima

Una piccola conflentese, avendo ricevuto in dono una bambolina di corajisima, la espone da due anni nella sua abitazione. Rispetta i venerdì di quaresima e non vede l’ora di sfilare l’ultima penna per mangiare la buona cioccolata delle uova di Pasqua.

La Corajisima: rivive l’antica tradizione conflentese ultima modifica: 2019-03-18T09:00:57+01:00 da Andrea Bressi

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