Se parliamo da fimmina e na vota subito pensiamo alla donna di giovine età maritata; perché si sa ca “è megliu maritata e no mala vintumata” tutta casa e famiglia. Una vita di sacrifici e privazioni, di fatica, parsimonia. E ancora… di lentezza del tempo sapientemente usato, trascorso tra le mura di una cucina anniricata dalla fuliggine, di chissà quali confidenze e segreti scambiati tra vicine de casa. Nonostante la vita dura non si lamentava mai e riusciva a fare miracoli con il poco che c’era. Era sempre la prima ad alzarsi la mattina e l’ultima a coricarsi la sera, l’ultima a sedersi a tavola e la prima ad alzarsi. Le figlie femmine crescevano in fretta. Bisognava saper fare di tutto per essere na bona fimmina de casa.
A lei il compito di crescere i figli, nutrire gli animali, curare l’orto cucinare, cucire, ricamare e arripizzare. Tutto veniva risparmiato e non si sprecava nulla. Quanta economia domestica. Puru l’acqua sculata veniva adoperata cauda per lavare i piatti.
A ri mmucciuni metteva da parte ncun’uovu che poi vendeva ppè accattare ncuna cosa a ri figli. Da qui il proverbio spiragna, fimmina fina, finu a quannu ‘a vutta è chjina! Ca quannu u’ siettu pare un c’è chjiu’ nnente e sparagnare! Allevava qualche coniglio o gallina che barattava o vendeva così da mandare avanti la famiglia.
Crescevano così donne oneste, laboriose mamme perfette per le quali la moralità era un comandamento. Ecco perché bisognava mantenere un atteggiamento pulitu per non finire ncavaddru a nnu ciucciu. Una vita grama fatta di biancheria stesa al sole e di profumo de lissía. Sottomesse oltre che ai mariti, soprattutto alle suocere, la donna in famiglia contava poco soprattutto se nei primi periodi, gli sposi non si eranu cunzati ppè d’iddri e ra nora era costretta a vivere ccu ra donna.
Anche qui un proverbio che conferma ca a vera fimmina maritata senza donna e senza canata. Festeggiamole oggi le donne, piene di dignità e coraggio come le nostre nonne e le mamme che mantenevano la famiglia unita con tanto tanto amore.