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La banda musicale ai tempi di Ottaviano e Umberto Stranges

Banda musicale di conflenti

Oggi voglio raccontare la storia della banda di Conflenti, argomento nel quale mi sento coinvolta personalmente perché ho avuto il privilegio di avere due musicisti in famiglia. Purtroppo, non ho mai avuto la fortuna di parlare con mio nonno Ottaviano perché nel 1984 una malattia grave lo costrinse a una tracheotomia che ne comportò l’uso della parola. Tutto ciò che riscrivo sono vicende di vita vissuta che mi ha raccontato suo figlio, nonché mio zio Umberto Stranges deceduto 5 anni fa.

Il Corso di orientamento musicale di tipo bandistico

Mio nonno si era arruolato negli anni ’30 nell’arma dei carabinieri in Sicilia. Faceva parte della banda militare “G. Verdi” di Castelbuono a Palermo. Tornato a Conflenti dopo qualche anno, sotto la guida del professore De gattis a Martirano e Maletta a San mango decise di istituire una scuola di musica. Probabilmente, le lezioni per la Banda die­dero vita al corso che ancora oggi funziona sotto il nome di “Corso di orientamento musicale di tipo bandistico”. Fino agli anni ’80 tale corso era sottoposto al controllo del Provveditorato agli studi. Infatti, ogni anno si svolgeva una sessione di esami che molti bandisti, anche giovani, ricordano di aver sostenuto sotto lo sguardo attento del proprio insegnante e di un commissario esterno.

Banda di Conflenti

Le risorse materiali erano poverissime, tanto da non permettere di comprare gli strumenti e le divise. Quindi si ricorreva a una sottoscrizione fra i paesani, costituendo perfino dei Comitati di sostegno. Altre volte erano gli emigrati che dall’estero mandano dei soldi e la Banda ripagava tutti tenendo vive le tradizioni. In quegli anni riuscì a ottenere dal provveditorato di Catanzaro un tamburo, una grancassa e due clarinetti che servivano per i giovani musicanti.

Essere fra la gente: lo scopo della banda musicale

La banda musicale di Conflenti era formata da gente del popolo: contadini, operai e commercianti. Tutti coltivavano la passione per la musica e credevano nell’alto valore educativo e culturale. Essere fra la gente, essere presenti ai momenti salienti che scandivano il vivere di una collettività, condividere il proprio tempo con quello degli altri, creare legami con realtà vicine e lontane e, ovviamente, favorire l’educazione e la formazione musicale dei giovani. I nostri musicisti suonavano anche nei cortei, nei battesimi o funerali, nelle Messe e nelle Sacre rappresentazioni. Per rendere onore a personaggi illustri e per conferire decoro a eventi pubblici. Infatti, mio zio era famoso per il “suo silenzio”: il 4 novembre se lo ricordano tutti quando dalla Cona intonava questo pezzo che rimbombava per il tutto il paese.

Banda Musicale

Le esibizioni interessavano non sono Conflenti ma anche Maida, Vibo, Pizzo, San Gregorio d’Ippona, Longobardi, Marcellinara, Scigliano. Fino alla provincia di Reggio Calabria: a Cosoleto dove si festeggia San Sebastiano e Palmi dove si festeggiava la festa di San Nicola di Bari, e tanti altri paesi mettendo in contatto realtà diverse grazie alle manifestazioni a cui partecipava. La banda di Conflenti passò alla storia per la sua carica umoristica e la provata attitudine allo scherzo e alle facezie de Mastru Lillu e Peppe Ganciarru.

La vita di chi suonava in banda

La vita del bandista non era facile. Un tempo si partiva al mattino presto, col pulmino, per raggiungere il paese designato. Appena arrivati bisognava fare il giro del paese per aprire la festa a suon di musica, preceduti dagli organizzatori dell’evento e da un nugolo di ragazzini in corsa. E poi, si poteva pensare allo stomaco. I comitati dei festeggiamenti provvedevano al pranzo del musicanti, che venivano ricevuti, in gruppi di due o tre, dalle famiglie degli organizzatori o dai più generosi del paese, in modo da suddividere il peso economico del “trattamento”. Spesso, nella banda venivano inseriti elementi di finzione. Cioè, bandisti con lo strumento otturato, per migliorare l’impatto visivo dell’insieme o semplicemente per far lievitare il pagamento. Nel pomeriggio, arrivava il momento dell’esibizione: si comincia davanti alla chiesa, accogliendo con note solenni l’uscita della statua del santo, accompagnato durante tutta la processione per le vie del paese.

Ragazzi Banda seduti alle scale

Al termine della cerimonia religiosa, la banda nuovamente si scioglieva, per poi riunirsi e concludere col concerto in piazza. Dopo l’applauso e i fuochi d’artificio, che col rumore e lo stordimento chiudono i festeggiamenti, si ripartiva. Anche in fretta, perché spesso, a parte i solisti e i giovanissimi, i bandisti avevano altri lavori e suonavano per passione o come riempitivo. In passato, tra i suonatori abbondavano falegnami, sarti, barbieri, e anche qualche fabbro che, però, proprio per la precarietà del settore, erano costretti a integrare i guadagni con la musica.

La passione della musica nella mia famiglia

Da piccola chiedevo informazioni su mio nonno. Era ricordato dai più anziani per la capacità di suonare la tromba. Lo chiamavano “maestro di musica”, ma la sua era solo passione autodidatta. Zio Umberto, invece, all’inizio suonava il flicorno contralto, strumento ingiustamente bistrattato e quasi sparito dalle bande. Ma capì subito che la sua grande passione era la tromba. Prima di prendere lo strumento, in banda, dovevi aver studiato la teoria. Mio nonno dettava le lezioni insegnando i fondamentali. Bisognava arrivare fino alla lezione ottanta del Bona, un metodo di fine Ottocento, per avere lo strumento. I corsi di musica a Conflenti iniziarono nel ’70. Si tenevano tutti i pomeriggi alle 4 e finivano alle 8, all’entrata di casa mia nella grande stanza dove un tempo esercitava il dentista Calabria. C’erano 3-4 strumenti per i principianti e poi tre trombe di cui mio nonno andava fiero ed era molto geloso.

suonatori In Posa

Mio zio fu l’allievo modello di suo padre e tra i suoi ricordi spiccó anche Pino Grazioso. Mi raccontava che gli strumenti che tutti i ragazzi potevano usare per imparare le prime note erano resi parzialmente fruibili da una pratica di aggiustaggio rude ma efficace. Saldature a stagno sbavate, elastici al posto delle molle per i cilindri, fascette di alluminio per tenere assieme i canneggi. A distanza di 40 anni ogni tanto li riapro. Oggi l’ossidazione dipinge gli strumenti di colori che a me sembrano fantastici: viola, verdini, gialli su fondo verde marcio. Spesso noi fratelli, poco più che bambini, questi strumenti li suonavamo per gioco. Era divertente soffiare dentro tubi puzzolenti, rottami del secolo che riprendevano a vibrare con noi. Quell’odore acre di ottone e olio che trovavi aprendo le vecchie custodie: quello è l’odore della banda, per me.

La banda musicale ai tempi di Ottaviano e Umberto Stranges ultima modifica: 2020-03-09T09:30:00+01:00 da Lucy Stranges

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