Pochi giorni fa è venuto a mancare un signore la cui storia è parte integrante della storia stessa di Conflenti. Queste terre sono state il palcoscenico della sua vita. Stiamo parlando di Gerardo Vaccaro. E oggi voglio ricordarlo con voi.
Il Reventino nei ricordi di Gerardo Vaccaro
Insopportabile brontolone ma tanto grande nel cuore. La sapienza che diventa scienza. Ricchezze della memoria da custodire. Riscrivo le cose così come me le ha raccontate, senza modificare nulla. “Partìa ppe Rivintinu a matina cu nu muarzu e pane a ra sacca. E na mandria e piacure e na decina e crape e appriassu due purceddhre figliate ccu ri purciaddri. A Rivintinu cc’aju passatu quarant’anni. Me ricuardu ca i cruci eranu e lignu ed eranu sie sette. Me ricuardu a fhuntana ‘di pancari’: era nn’acqua bbona, cce fhatigata Giuseppe ‘u Massaru. E re ‘gorne e liune’ dduve cce chiantavamu nnianu e patate.

De fiancu a ra ‘petra u cuarvu‘ cc’era ‘ra vaddhre e maiale’. Cchiu ssutta da petra cc’eranu e ‘petre pizzute’, tuttu tìcini e ffìlici. Cchiu’ sutta ancora c’è ‘u chianu u liatu’ e Carru Paola ca è statu puru guardianu e Rivintinu e a cchiru ‘stagliu abbate’ de don Nicola Muntuaru runcavamu fhilici. Munticiaddhru era ncumpine e purtava a San Mangu. A fiancu i cruci cc’eranu ‘e trempe i scìguli’. Passava da serra e rugìari ppe arrivare a ‘re vaddhre e monache’ de Lissandru Paola.” Questo era il percorso che mio zio faceva per arrivare in cima a ‘ri cruci‘.
Il capitolo sull’emigrazione
Un tempo nelle campagne servivano tante braccia, ecco perché i bambini erano abituati fin da piccoli a lavorare. Se si imparava l’arte sin da bambini si diventa, poi, addirittura più bravi dei bravi lavoratori, almeno così la pensava mio zio Gerardo. Oggi avremmo parlato di sfruttamento del lavoro minorile perché ai bambini che lavoravano veniva a mancare un saldo legame con la famiglia e quindi un’assenza anche dei sentimenti d’amore». Tra le pagine del libro della vita di Gerardo Vaccaro ce n’è anche qualcuna che parla di emigrazione. Un capitolo, questo, che accomuna gran parte dei conflentesi.

Come per molti suoi compaesani, infatti, giunse anche per lui il momento di abbandonare il paese sulla collina, ai piedi del monte che lo guarda e lo protegge, per cercare fortuna altrove. Ma anche per allontanarsi da un passato doloroso, da un matrimonio finito male. «Ha vissuto per un tempo a Milano. Lavorava in via Savona in un cantiere edile con due siciliani. Poi è stato per due anni in Toscana, a Bagnone, nella provincia di Massa Carrara. Per ritornare, finalmente, a Conflenti negli anni ’70. A casa ha tuttora la valigia e le chiavi della casa di Milano e conserva ancora l’orologio delle ferrovie dello stato.
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