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La nonna

Pacchiana 1

Vestita di pacchiana con la testa avvolta dal suo fazzoletto scuro. Indossava un grembiule (‘u fadale ) con cui ella svolgeva molti compiti. Lo usava per soffiare il fuoco e fare nascere la fiamma, per trasportare frutta, verdura, patate appena raccolte, per coprire il mio viso quando soffiava il vento nei campi, per depositarvi le uova quando andavamo a prenderle nel pollaio. Le piacevano molto le piantine di ortensia che sporgevano tra i pali delle siepi con i colori bellissimi e le innaffiava ogni giorno per farli durare il più possibile. Curava anche la pianta di alloro e una di olivo, ritenuti simboli di pace e serenità.

Pacchiana
Foto di Josè Mastroianni

Ogni 15 giorni preparava il pane che non mangiava da sola, ma lo condivideva con i suoi numerosi nipoti ed anche con le famiglie povere che si accontentavano di poterlo assaggiare ogni tanto. Ne portava uno anche ad un mio zio che amava molto la meditazione e la natura, suonava lo zufolo nelle notti stellate e rimaneva spesso nella tarda primavera e tutta le estate a dormire fuori, in una capanna accanto al ruscello sotto il castagno.

La nonna non era ostetrica, però venivano a prenderla quand’era l’ora di qualche parto, nelle campagne vicine, perché era esperta e non chiedeva di essere pagata. Inoltre le mamme portavano a lei i bambini quando avevano mal di pancia e, con i suoi miscugli di erbe, riusciva a far passare il dolore.

Aveva due capre e così poteva preparare la zuppa col latte fresco e ogni settimana preparare il formaggio.

Formaggi

Nel giorno della preparazione del formaggio si poteva mangiare l’impanata, una specie di zuppa composta da siero e residui di formaggio e di ricotta mischiati a pezzettini di pane indurito, fatto in casa, e il tutto si amalgamava nella pentola di rame. Era buonissima! Nella grande cucina c’era una cassa nera alta e lunga piena di grano dove la nonna conservava formaggio, uova, salame, per mantenersi freschi. In quei tempi il frigo non esisteva nelle campagne perché non c’era la luce elettrica. La sera, dopo aver cenato, la nonna recitava, assieme al nonno il rosario e dopo cominciava a filare la lana con il fuso e conocchia oppure lavorava la calza con i ferri. La domenica mattina andava Messa col suo vestito di pacchiana, indossava uno scialle (di seta pura, d’estate, e di lana nera d’inverno) che ricopriva anche la testa (lo chiamavano ‘u mannile).

Coda Pacchiana

Amava molto la natura e passava ore a meditare sotto la pianta del castagno vicino a casa. Credeva nel potere distruttivo dell’invidia e per questo non amava condividere le sue gioie. Alcune volte la nonna desiderava rimanere in silenzio un poco quasi stessi in meditazione e mi diceva che bisognava ascoltare sempre l’angelo custode e cercare di obbedirgli.
Ricordo le favole che mi raccontava quando la domenica, a primavera, restavamo sedute nella panchetta di legno sotto il castagno. Una di queste la ricordo ancora e mi commuove, forse perché ci metteva tanto pathos nel raccontarla

Di Mariagrazia Paola tratta dal libro “Sussurri Del Reventino”

La nonna ultima modifica: 2023-11-13T12:28:44+01:00 da Redazione

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