Le giornate uggiose mettono sempre malinconia, un po’ come i ricordi del passato. Chissà se in qualche abitazione c’è ancora a vrascera. Riuniva la famiglia dopo una giornata di lavoro. I nonni ci raccomandavano di non starci troppo vicini. C’era un odore particolare, una volta, nelle case. Odore sì di prelibatezze ma anche di umiltà e semplicità. È sempre bello riscoprire la storia del proprio paese, perché in bene o in male la storia si evolve e le origini, non vanno mai dimenticate. Atmosfere uniche ed indimenticabili di un’epoca più povera, senza tutti quei confort che oggi consideriamo scontati, ma sicuramente più ricca di umanità.
Il braciere si metteva fuori dalla finestra fino a chè non c’erano e vrasce e non c’era più pericolo per le esalazioni velenose. Nel braciere era spesso presente un pentolino che conteneva acqua sempre tiepida , grazie al caldo dei carboni che ardevano molto lentamente, pronta per qualsiasi uso, perché tutto era utile a quei tempi per risparmiare, nulla aveva un unico uso.
A ra vrascera oltre a riscaldarsi, si chiacchierava, si bolliva un po’ d’acqua calda e si scaldavano anche i panni umidi stesi sulle gambe, per poterli asciugare meglio, soprattutto quando pioveva.
Il braciere solitamente veniva “governato” dalla padrona di casa ccu nu cucchiaru viacchju girava i carboni, in un’atmosfera quasi surreale e senza tempo, con quell’inconfondibile odore nell’aria delle bucce di mandarino buttate sui carboni roventi tra una chiacchierata e l’altra. Si apettavano i carvunari ambulanti che giravano per le vie del paese con i sacchi di carbone. C’era però un piccolo problema per le donne, specialmente le ragazze. Stare troppo a lungo vicino al braciere faceva uscire macchie rosse sulle gambe; sazizze. Un mondo semplice, quella semplicità che ha lasciato in noi una meravigliosa traccia di luce dove sostano i nostri ricordi.
