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I giochi popolari: analisi, nostalgia e significato

Giochi Popolari, campana

Il mondo cambia. E noi con lui. Usi, costumi, tradizioni si evolvono fino a toccare il loro apice, il loro punto di massima bellezza…e poi scomparire, seguendo il flusso naturale delle cose. Di questi, non resta che il ricordo, nelle menti di chi li ha vissuti. Non resta che il racconto, che quelle persone poi faranno ai loro nipoti, ai ragazzi che verranno, sempre più presi, intanto, da una società che corre forte, senza aspettare nessuno, soprattutto chi si ferma per dare uno sguardo al passato. A quando internet era un’utopia, i cellulari non andavano oltre i tastoni duri a morire, e a digitare, (e guai a parlare di touchscreen) e il play store era una sala giochi. O, più semplicemente, una strada, pochi oggetti, talvolta nessuno, ma tanta, tantissima fantasia. Eh già, di tutti gli aspetti che sono mutati, la lente d’ingrandimento di quest’articolo si poggerà sui giochi (popolari), quelli di una volta, quelli in prima persona.

Senza essere nostalgici o demonizzare la tecnologia, ma anzi, esaltando una sua controparte speciale. Perché un’avventura con Sly Cooper, tra i paesaggi spericolati di Uncharted o in mezzo alla Sinnoh dei Pokémon vale tanto quanto un soldati e briganti o una sana “ammucciateddra”.

A mazza e u ziparu

Detto anche “mazza ‘e pivezo”, è un antico gioco diffuso dal Mediterraneo occidentale all’India, forse giunto in Europa intorno al XV secolo. “U ziparu” è un pezzettino di legno fatto a punta da un lato e piatto dall’altro, in modo da avere agio di picchiarlo sulla punta e farlo saltare in alto. Si poggia per terra, lo si fa alzare e lo si colpisce con la mazza, generalmente un pezzo di ramo piccolo e stretto. Il luogo in cui atterra “u ziparu” è lo stesso in cui si deve recare l’avversario per recuperarlo. Chi lo ha lanciato, invece, depone a terra la mazza.

giochi popolari: Mazza E Ziparu

Il recuperatore, se così vogliamo chiamarlo, deve lanciare poi l’oggetto in modo da colpire proprio la mazza stessa. Se ci riesce, avviene il cambio di giocatori. In caso contrario, l’attaccante ha tre possibilità di spostare ulteriormente il più lontano possibile u ziparu. Se la distanza viene accettata, si prosegue, se no la si misura. Il punteggio dipende dal tempo di gioco e non c’è un numero massimo di partecipanti. Il percorso sconfinava dal famoso portone del parroco a Santa Maria, con curva annessa a complicare la vita ai ragazzi in ballo. L’abilità, naturalmente, sta nel colpire al meglio “u ziparu” mentre sta in alto, ma, garantisce un ex praticante, dopo una certa esperienza e ripetuti tentativi, non c’è possibilità di sbagliare.

Tra i giochi popolari c’è l’immancabile ammucciateddra

Un must. Conosciuto praticamente in tutta Italia, ma non solo, il nascondino (o, per noi, ammucciateddra) è un classicone che ci ha cresciuti, allietando i pomeriggi passati coi compagni. Le origini ramificano in tempi lontanissimi. Testimonianze del II secolo, provenienti dal retore Polluce, raccontano di questa forma ludica all’aperto che si praticava volentieri nella Magna Graecia, nota come apodidraskinda (fuggire, nascondersi, appunto). Tuttavia, la versione che conosciamo è un’eredità dei nobili del XVII secolo. Uno dei pochissimi metodi che avevano per socializzare e corteggiarsi, diffuso maggiormente in Italia, Spagna e Francia. Preferibile è giocare in un luogo ampio e con una vasta gamma di luoghi potenzialmente ideali per nascondersi.

giochi popolari: Nascondino
Giochi popolari, nascondino

Fissata la “tana”, e il giocatore prescelto per contare (senza vedere), gli altri partecipanti si allontanano per rintanarsi. Terminata la conta, inizia la caccia. Ogni volta che una persona viene trovata dal suddetto, egli deve correre verso la tana e urlare “tana per” seguito dal nome dello sventurato, in modo che sia udibile dagli altri. Il cercatore dovrà essere bravo a scovare uno a uno tutti, mentre i fuggiaschi devono assolutamente non farsi incastrare e cercare di liberare chi si è fatto eliminare. Se l’ultimo giocatore rimasto riesce a toccare la tana, dicendo “tana libera tutti”, il ricercatore perde automaticamente e sarà obbligato a un altro turno in quel ruolo.

U campanaru

Per lo svolgimento, bisognava disegnare per terra un grande riquadro e dividerlo in otto/dieci quadrati riportanti dei numeri in ordine crescente. Ogni partecipante doveva, inoltre, procurarsi un sasso piatto. Il gioco consisteva nel saltare su una gamba sola su ognuno dei numeri, dal più piccolo al più grande, alternando il piede destro e il sinistro, senza perdere l’equilibrio e non toccando le linee di demarcazione dei numeri o, addirittura, sconfinare. All’inizio del turno, il sasso veniva collocato in corrispondenza della prima casella. Il partecipante, già su una sola gamba, doveva raccoglierlo prima di iniziare il percorso. Se riusciva a saltare su tutti i numeri poteva collocare il sasso nella seconda casella, e così via finché non vinceva o sbagliava.

giochi popolari: U campanaru
U campanaru

Cosa resta dei giochi popolari?

Siete tornati, almeno un po’, almeno per un secondo, indietro nel tempo, vero? Ci scommetto. E voi che non avete vissuto personalmente questi giochi, probabilmente starete pensando che, tutto sommato, una partitina la fareste volentieri. Dopo una bella partita alla Play, o al Nintendo, vorreste fiondarvi fuori e provare il brivido di stare nascosti minuti su minuti, scoprendo anche posti che magari ignoravate. Vorreste gustarvi il piacere di vincere qualche equivalente nostrano di quei tanto ambiti bottoni. Vorreste sudare freddo per cercare di colpire quel dannato ziparu. Perché infondo cosa, meglio dei giochi, riesce a tenerci ancorati a quella fetta di vita che vorremmo non sparisse mai? Cosa, meglio di loro, sa tenere aperto il portale tra la spensieratezza e la serietà, il ludico e le regole, il gioco e la competizione.

I giochi popolari: analisi, nostalgia e significato ultima modifica: 2019-10-14T09:39:16+02:00 da Giovanni D. Putaro

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