Continuiamo la nostra rassegna sui giochi popolari. Lì dentro c’era tutto il riassunto di quel percorso che, crescendo, siamo convinti diventi più difficile, complicato, disordinato…che non riguarda più chi eravamo. Ma che in realtà è sempre lo stesso, limpido e chiaro, visibile con gli occhi di un bambino che, finita la scuola, lancia lo zaino e corre dai suoi amici.
Guardie e ladri
Anch’esso famosissimo. E non solo tra i giochi popolari, tanto che c’hanno titolato un film. Guardie e ladri (o soldati e briganti), iniziò ad essere praticato presso le corti francesi. Il principio fondamentale è la divisione dei giocatori in due squadre di cui una insegue e l’altra viene inseguita. Prima che il gioco inizi, le guardie si radunano in un posto già designato, mentre i ladri si sparpagliano in giro per il territorio. Al segnale concordato, le prime si tuffano alla ricerca e all’inseguimento dei secondi, con lo scopo, ovvio, di fare man bassa di catture. A ogni ladro toccato o fermato da una guardia spetta l’angusta “prigione”, un luogo prestabilito dove deve rimanere. Il ladro prigioniero resta confinato oltre la linea della prigione e tende la mano verso i giocatori. Se un altro ladro, senza farsi prendere, riesce a toccare la mano del prigioniero, questo ritorna libero.
In caso di più prigionieri, questi formano una catena. Al ladro libero basta toccare il primo di loro per liberare gli altri automaticamente. Chi vince? Le guardie, se riescono a ingabbiare i ladri e questi ultimi se non si fanno prendere. Generalmente viene assegnato un punteggio per il gruppo vincitore di ogni partita, affinché alla fine della giornata si possano decretare campioni e sconfitti. E tornare a casa gloriosi o imbronciati.
U campu: giochi d’un tempo
Ci si schierava da un’altra parte del territorio scelto. Un giocatore faceva il primo passo in avanti e l’avversario doveva inseguirlo, cercando di toccarlo. Il fulcro fondamentale per spuntarla era regolarsi sulla propria capacità di scatto e sulla velocità di gamba. Perché altrimenti venivi raggiunto e fatto prigioniero, costretto a recarti al luogo adibito ai catturati, spesso sulla destra del lungo campo rettangolare. I compagni, per la liberazione, dovevano cercare di raggiungere l’incarcerato. Ma se fosse così facile! Gli altri vigilavano minuziosamente per impedirlo e la sfida si accendeva prepotentemente proprio allora. Un gioco, anche, di sguardi, oltre che di rapidità, fisica e di pensiero.
La cavallina
Si giocava minimo in tre. Per iniziare, si decideva chi doveva andare “sotto”, nella posizione della cavallina, e in quale ordine di successione saltare. Il primo a giocare dava quindi “la voce” (erano solitamente 13), suggerendo gesti da ripetere fedelmente. Pena: prendere il posto di chi stava sotto. Mica tanto conveniente! Di seguito la lista delle voci:
- Uno: monta l’une;
- Due: monta il bue;
- Tre: figlia del re;
- Quattro: lo spazzino
- Cinque: battacùle (si batteva con il proprio sedere sulla schiena di chi stava sotto);
- Sei: incrociatore (si doveva ricadere con i piedi incrociati);
- Sette: soldatino di piombo (atterrando bisognava rimanere immobili);
- Otto: tamburrèlle (prima di saltare bisognava tamburellare con i pugni sulla schiena di chi stava sotto);
- Nove: a culata (mentre si era in volo bisognava tirare un calcio a chi era sotto);
- Dieci: pasta e ceci;
- Undici: vado alla fiera;
- Dodici: ci ritorno;
- Tredici: è finita la battaglia
Raramente si riusciva, comunque, a terminare quest’insieme di “riti”, a causa degli errori ripetuti dei partecipanti che costringevano alla rotazione.
Battimuro
Elemento imprescindibile di questi giochi popolari erano i bottoni. Si battevano al muro e, rimbalzando, si fermavano a una data distanza. Chi riusciva a fare meglio dell’altro, si prendeva il bottone stesso.
Non è mai troppo tardi per ricominciare a sognare. C’è un tempo per ogni cosa, ma forse quel tempo, a periodi alterni, è meglio che non passi mai…completamente.