Si sa, ogni scusa è buona per fare un dolce. E ogni festa ha il suo dolce tipico, che varia da regione a regione, da città a città. Il bello delle feste è, forse, il riunirsi intorno a una tavola imbandita. Lo stare insieme. L’ansia dei preparativi. È il trovarsi, nonne, mamme e figlie, in cucina, con su il grembiule, a preparare le ricette tipiche. Tutto ciò, quest’anno, non sarà possibile. Ma alcuni piaceri possiamo concederceli. Come, per esempio, la cuzzupa fatta in casa, con quel suo odore che invade tutte le stanze. E a Conflenti questo profumo è già nell’aria da un po’, insieme a quello dei buccunotti, altro dolce tipico del periodo pasquale, e delle pastiere, che non rinnegano la loro origine partenopea, ma che anche qui hanno trovato casa.
Origini e simbologia della cuzzupa regina della festa
La cuzzupa pare abbia origini orientali e il suo nome derivi dal greco volgare koutsoupon. Il termine significa, data la forma del dolce, cerchio rotondo o ciambella. È un dolce simbolo del periodo di Pasqua proprio perché segna la fine del digiuno quaresimale. L’uovo intero collocato sul dolce rappresenta, appunto, la rinascita e la resurrezione.
Si diffuse dapprima nella provincia di Reggio Calabria per poi essere esportata in tutta la regione e oltre. Assume nomi diversi a seconda del territorio: guta nella Locride, pittaiola lungo la costa tirrenica cosentina, vuta sull’Aspromonte, cuculu nel cosentino.
Curiosità
La tradizione ci dice che la suocera regalava la cuzzupa al proprio genero per comunicargli la sua decisione in merito alle eventuali nozze. Se aveva nove uova, la suocera aveva deciso che la promessa di fidanzamento tra sua figlia e il compagno era rinnovata. Se, invece, ne aveva sette lo avvisava che il matrimonio era alle porte. Da qui il famoso detto “Cu’ nova rinnova, cu’ setta s’assetta”.
Secondo un’altra voce, tale dolce veniva donato a una famiglia che aveva subito un lutto, in segno di solidarietà. Successivamente, invece, è diventato il dolce che caratterizza le nostre feste pasquali. La tradizione vuole che si regali una cuzzupa a ogni membro della famiglia, rispettando le gerarchie. Quella più grande e decorata ai nonni. Ai bambini, invece, si dà ‘u martiddruzzu una treccia a due fasce con l’uovo al centro.
‘A cuzzupa liavitata
Delle cuzzupe ne esistono tante versioni: ci sono quelle con il lievito in polvere e le codette colorate, quelle con il lievito di birra, quelle con la ‘levatina’ o a doppia lievitazione. La ricetta che segue è di quest’ultimo tipo.
Ingredienti per la levatina: 50 g di lievito di birra, 250 ml di latte, farina q.b.
Ingredienti per l’impasto:12 uova (più altre per la decorazione). 500 ml di latte, 400 g di strutto, 50 g di lievito di birra. 500 g di zucchero, farina q.b. e la scorza grattugiata di un limone.
Procedimento
La levatina va preparata circa 12 ore prima. Si consiglia di farla la sera e lasciarla riposare tutta la notte. Sciogliere i 50 g di lievito nel latte a temperatura ambiente e aggiungere farina quanto basta per ottenere un impasto molto morbido e appiccicoso. Lasciare riposare coperto da un canovaccio umido.
L’indomani, aggiungere all’impasto precedentemente preparato le uova, lo zucchero, il lievito sciolto nel latte e lo strutto morbido. Grattugiare la scorza di un limone e mescolare. Aggiungere la farina fino a che l’impasto risulti lavorabile e smetta di attaccarsi alle mani.
Dividere l’impasto e dare la forma di ciambella o martiddruzzu. Decorare sbizzarrendosi con la fantasia, ma non dimenticate di mettere uno o più uova intere (crude). Spennellare con latte o uovo sbattuto. Lasciare lievitare finché non raddoppino di volume. Cuocere in forno ben caldo a 180° per una ventina di minuti.
Con queste quantità usciranno circa 6 cuzzupe.
A questo punto, non resta che augurarvi buon appetito!