Simu venuti stasira bonsira, oi cari patruni ca vùagliu la strina, e la strinicedda chi me sùali fare e dde capedannu e dde Santu Natale.
La strina: un canto propiziatorio
Inizia così un’antica strina di Conflenti, che ancora oggi si canta durante le fredde serate del periodo che va da Natale all’Epifania. Gruppi di ragazzi e suonatori tradizionali si fermano davanti alle case di amici e parenti intonando canti augurali per poi essere ripagati con un buon bicchiere di vino accompagnato da salumi, formaggi, dolci, frutta secca o altro. Della strina ne esistono tantissime versioni, che variano di paese in paese, una tradizione diffusa non solo in Calabria, ma in tutto il sud Italia e in altri stati europei. I testi delle strine seppur con varianti, sono similari così come similare è l’accoglienza riservata agli strinari. Un canto propiziatorio per esorcizzare la fine dell’anno e per augurare prosperità per quello nuovo.
Il testo e la musica della strina di Conflenti è stata recuperata dai giovani di San mazzeo grazie a una vecchia musicassetta custodita gelosamente dal compianto Pierino Stranges ed è stata recentemente pubblicata nel disco “Musiche tradizionali nell’area del Reventino-Savuto” prodotto dall’associazione Felici & Conflenti. Dalle frequentazioni con gli anziani della comunità è emerso che lo strumento musicale principale che accompagnava il canto degli strinari era la zampogna che oggi in molti casi è stata sostituita dall’organetto o dalla fisarmonica.
E ffamme la strina ha’ e famme la strina ha’
Dopo le prime strofe augurali intonate dinnanzi all’uscio il canto continuava dentro casa:
Ca chista casa cc’à qquattru spuntuni, oi quattruce’anni campa lu patrune.
Rit. Ed a lu patrune ed ah, e ffamme la strina ha’ e famme la strina ha’.
Quattru spuntune e quattru spuntunere, oi quattrucent’anni campa la mugliere
Rit. Ed a la mugliere ed ah, e ffamme la strina ha’ e famme la strina ha’.
E cca de Maria mmi nn’era scurdatu, oi patruna chi la via de tuttu lu statu
Rit. E tuttu lu statu ed ah, e ffamme la strina ha’ e famme la strina ha’.
Seguono altri versi dedicati ai vari familiari, e altre strofe destinate alla casa, poi lo scambio di auguri e il ringraziamento agli ospiti per la gradita visita. Versi molto antichi, seguiti da sorrisi, abbracci, strette di mano, brindisi che raccontano dolore e gioia, fatica e fiducia.
Canta lu gallu e scotula li pinni damu la santa notte e jàmuninne.
Dopo il rinfresco, ripresi gli strumenti, gli strinari continuano il loro cammino, entrando in altre case e portando ovunque gioia e commozione, sorrisi e lacrime. All’allegra comitiva e ai loro canti propiziatori e di questua si aggregano, durante il percorso, altri compaesani sia per condividere il momento di festa sia per partecipare alle varie degustazioni. A Conflenti e nelle sue frazioni, soprattutto a San Mazzeo, il canto della strina a volte prosegue sino a tarda notte. Come per magia la briosa musica degli strinari fa accendere le fioche luci delle case, a eccezione di quelle segnate da lutti.
Tra le strofe di saluto ricordiamo questa diffusa nell’hinterland lametino. E di ‘nu grubbu mi fhujìu na gatta jamuninne ca la strina è fatta! E anche: Canta lu gallu e scotula li pinni damu la santa notte e jàmuninne.
Secondo un’antica leggenda tramandata da alcuni cantori popolari la prima strina fu quella intonata dinnanzi alla grotta di Betlemme. E ancora oggi, dopo duemila anni, la tradizione della strina resiste ancora. L’allegro canto degli strinari ci aiuta a sperare che il Redentore sia portatore di salute e serenità e di quanto altro c’è bisogno nelle umili case dei nostri paesi. Auguri!