E così ha inizio il tempo dell’attesa al Natale, scandito dal ritmo tambureggiante delle donne che già dal giorno dell’Immacolata, impastano grispeddre d’auguri. C’è chi aspetta i parenti dalle campagne più vicine per il consueto scambio di doni natalizi. Giardiniere, ficu siccate, castagne mpurnate, pane e niuanu , puortugaddri.
Togliendo a manta ‘e lana che lo teneva vicino al fuoco scoppiettante, l’impasto gonfio e lievitato nella coppa assume le pervanze del ventre di Maria in attesa du Bumminieddri.
Calate le prime zampugne colaruse suonano le ninne, riempiendo case e vineddre di canto e di festa.
Orti carichi de mannarini, reclamano una veloce raccolta nell’attesa ca i casciuni stracolmi de cannarutìe venissero aperti rigorosamente dalle mamme. Giunge la sera, le strade profumano di bucce d’arancia e de vrascera.
La prima stella brillava nel cielo illuminando a Cirzuddra come la cometa mentre Micu approfitta delle ultime luci del giorno per finire di pulire a zimma e governare gli animali. Cala la notte sulle campagne …i paesi a ssiminata con le loro lucine sembrano le casette del presepio.
E fimmine conzanu a tavula per la vigilia con l’aria che sa di cauli affucati e baccalà fritto. Gli uomini nel frattempo fanno e matinate brindando e giocando a carte . L’alito caldo evapora insieme ai quattru sordu de paga stipati per la festa. Nel frattempo i bambini d’innanzi a ra focara e minzannotte si distraggono lontani dalle bacchettate e dalle tirate d’orecchi dei maestri. Qualcuno gioca a vatti muru in attesa di riempirsi e sacche de nuciddre. Nel frattempo a pignata pippìja e ru zuccu scoppietta nel fuoco e quella luce da lumera contrasta col buio della casa. I racconti di quella notte lunga al freddo e al gelo scaldano un ambiente povero di tutto ma non di emotività. Per cui a Natale nessuna tristezza recuperiamo le nostre emozioni infantili che sono lì ad insegnarci che c’è tutto un mondo dentro di noi.
