“I luoghi hanno fatti da raccontare, ma, spesso, tu hai passi svelti e passi oltre” (da La Casa di Parole di Francesco S. Stranges). Vi porto a spasso per Conflenti, il nostro amato paese.
Andiamo a spasso per Conflenti
Io abito ari Tiarmuni dove c’era il mulino che macinava il grano delle contrade vicine. Dove arriva l’acqua di “Marignano” che una volta innaffiava tutti i campi da qui alla Carrara. Vi porto ai casini Montoro. Nel primo, quello di don Italo, c’era la grande cantina dove l’uva della Vigna di triciantu scaluni e della vigna de “Crapili” diventavano ottimo vino. In quello di don Italo c’erano i granai dove si stipavano granturco e patate, prodotti dalla mia famiglia e da altri coloni. Ora la cantina non c’è più. Doveva diventare un museo ma è un palazzo vuoto ristrutturato male. Al posto dei granai c’è l’eremo di Fra’ Giuseppe.
Scendendo dalla vecchia mulattiera comunale una volta a destra e a sinistra della via c’erano campi di grano, orti e vigne. Se mi fermo un attimo mi sembra ancora di sentire mietitori, zappatori e contadine cantare e raccontar fatti antichi. Ora ci sono solo rovi. Solo la superba ginestra è rimasta a profumare l’aria. I castagni, i pini, i ciliegi e i meli son bruciati.
Le Ciambre: la porta di Conflenti
Andando a spasso, arriviamo alle Pastine e un vecchio gelso carico di frutti ricorda anche qui un passato fruttuoso. Al bivio de l’acqua a fhicu si racconta che vi era morta una donna che all’imbrunire si manifesta sotto forma di fuoco quindi se ci si passa a quell’ora meglio affrettare il passo e fare gli scongiuri. Da qui prendendo a destra si attraversa la pineta Isabella e si arriva alla Curva da parrera. Prendendo a sinistra passiamo vicino all’acquedotto comunale ed eccoci alle Ciambre la porta di Conflenti.
Quella appena descritta è la vecchia via de’ Pastine. La via che io i miei fratelli e i bambini di questa zona facevamo per andare a scuola. All’epoca non c’erano i pulmini e le nostre mamme lavoratrici non ci potevano portare all’entrata con la macchina. Era la via che le mandrie facevano per andare e tornare dai mercati del bestiame di Decollatura. Era la via che i pellegrini, spesso scalzi, facevano per venire a pregare e chiedere grazie alla Madonna. Ora dalle Ciambre volete andare a destra o a sinistra?
…Andiamo a destra, a spasso per le vie
Andiamo a destra ed ecco la casa che fu de Mastru Peppe Ganciarru, u figliu e Littirina, maestro della gloriosa banda musicale di Conflenti. Scendiamo ed eccoci di fronte alla Funtana de Destre abbellita dai ragazzi dell’Avis giovani, con delle belle aiuole. La sua acqua fresca ha dissetato intere generazioni ma, adesso, nessuno più viene a riempire vozze e varrili.
Andiamo a destra ed eccoci sutta u muru di Cruci. I cruci granni sono stati sostituiti con croci piccole. U trappitu e Filice non ha più i frisculi, ma si continua a produrre olio di ottima qualità dalle nostre olive. Non c’è più a putiga e Liu né il fruttivendolo di Laureati, ma c’è Ruggero con “L’arte della Querciola”.
Il Santuario
E poi, il nostro Maestoso Santuario. Non c’è più il Monumento della riconciliazione, c’è la scalinata. Al posto del pioppo, un pioppino. Al posto della Cona con il quadro della Madonna dove si accendevano le candele un portacandele moderno e un olivo. A casa du paracu con il salone dell’oratorio ci sono, ma non c’è più l’asilo delle suore che ha educato alla fede e alla vita intere generazioni. E non c’è più l’azione Cattolica. Non c’è più il laboratorio di sartoria e ricamo di suor Cottolenga che ha insegnato queste arti a generazioni di fanciulle smaniose di prepararsi il corredo per convolare a giuste nozze con tutto l’occorrente curato nei minimi particolari. C’è il negozio di oggetti religiosi ma le suore son rimaste solo due.
Le cose cambiano
Aru Bar e Peppe a marca ora c’è “Non ti scordar di me” di Tina. Al “Bar trattoria alimentari” de Palinu Calabria e Ida a Chiareddra ora c’è il “Bar Visora” di Riccardo Cerqua nipote del celebre Mastru Riccardu u Napulitanu, mastro d’ascia. La farmacia si è spostata più sotto, alla casa di Peppino Calabria. C’è il Bed&Breakfast, ara Casa e Ciccu ci sono la sala riunioni “Francesco Ferlaino”, lo studio medico e degli appartamentini. La caserma dei carabinieri si è spostata più su. Ci sono il bazar di Tonino Villella e il negozio di Mastazzola e Grispeddre di Luciana Butera.
Il centro di cultura, radio Grandangolare e la banda musicale non ci sono più. Dove c’era il tabacchino di Ottavio ora c’è la farmacia. Ed eccoci a Piazza Pontano costruita dopo aver abbattuto il mercato coperto (mai aperto) e la casa di Michele U Sassinu e de Niculinu e Dogga. Non c’è più u Spacciu du pane e Catirina a jazzariota, ma c’è a Putiga e Liviu. U bar e Rinucciu è oggi “Bar Centrale” di Cristian Villella.
Proseguiamo a spasso per Conflenti
A fianco del bar, “Le dolcezze” stuzzica coi suoi dolci tipici. Al posto di Mastru Ntoni Pulitanu ora c’è Mastru Geniu. Alla falegnameria di Mastru Larenzu u Nivaru ora c’è Paolino che fa stampe digitali. I “Nivari” sono chiamati così perché in inverno andavano a Reventino a mpossare nive. Che poi in estate veniva usata per far gelati e granite. La Putiga e Misia non c’è più. Ma tutte le famiglie di Conflenti hanno ancora coperte, lenzuola, servizi da tavola e bagno, vestiti e abiti da sposo e sposa venduti da lei. E continuando ad andare a spasso vediamo che al posto de Mauriziu a Tadora ora la frutta e gli alimentari li vende il figlio Pino Marotta.
U purtune du Parrachu resiste ai tempi mantenendo la memoria di racconti antichi e continuando ad ascoltare storie di vita e d’amore. Da sempre questo portone è punto di incontro e confronto tra vecchie e nuove generazioni. Qui si è discusso e si discute ancora di sport, politica, cronaca, società, si raccontano storie di guerra e romanze d’amore. Siamo ora a Piazza Piro. Scendendo la Pescheria è solo un ricordo lontano di quando u vanniature gridando “sarde, sarde” annunciava al popolo l’arrivo del pesce fresco dalle marine. Oggi, il pesce lo porta Rocco e lo annuncia col megafono ma non so se è buono come allora.
A spasso U Piru Appinninu
Una volta andando a spasso U Piru Appinninu vedevi donne ricamare, pacchiane rassettare, anziani raccontare. Zappaturi turnare da jurnata , bambini giocare. Oggi non c’è quasi più nessuno e la Fhuntaneddra è quasi scuttata. Siamo alla Chiazza, sant’Andrea da Patrono è diventato patroncino e quasi misse nun si cci nne dicenu cchiu. A lupa e la Triponia raccontano le origini e la storia del paese. U bar e Pisciane a n’uacchiu non c’è più. All’Immacolata la messa si dice solo l’otto dicembre e vi si benedicono le Palme. Ma c’è ancora la congrega dell’Immacolata a ricordare i fasti del passato. Da qui torniamo indietro e salendo dai “Carciri” o dalla “Scalunata”, arriviamo in Via Marconi. Il Monumento ai caduti è stato spostato è a far la guardia al cancello hanno messo Carlo Maria Tallarico. Ormai da decenni gira u paise paise.
Non c’è più
Non ci sono più le sedi di PC, DC e MSI e non c’è più a Chianca. Nicola e Girualima non accorcia più i pantaloni. U bar e Lissandru è chiuso. L’alimentari di Maria e Carla Mastroianni non c’è più. Ma se mi fermo sento ancora il profumo delle rosette con mortadella che prendevo quando andavo a scuola. Al negozio di Ermelinda ora c’è Franco con la macelleria. La Fhorgia de Murordu non c’è più. Quanti bei lavori faceva con le mani, il braciere, il mantice, l’incudine, mazze e martelli. All’acqua a fhicu c’è una villetta con i giochi per bambini. Il fornitissimo negozio di Quinto, ora di Marcella e Maria, offre ai clienti tutto ciò di cui hanno bisogno. Il mobilificio Rubino non c’è più e neanche lo studio medico. Ma al loro posto hanno aperto una scuola di danza dove crescono piccole grandi artiste cujjientare.
Pumetta com’è – Credit: Sergio Aurora
Chi chiude e chi apre
Il bar di Redente è chiuso. Ed ecco la posta col postamat e il Municipio modernizzato dove si è trasferito il monumento ai caduti. Però non c’è più il fragrante profumo del pane appena sfornato perché u furnu e Catirina a Jazzariota è chiuso. C’è U lavaturu ma non ci sono più le lavandaie chi lavanu, spruscianu e lampranu, cammise e linu o de jjinostra. La fhuntana de pumetta riempie ancora thermos e bottiglie di plastica ma non più vozze e varrili. Però è Pumetta, no Fruntera perché la vecchia fontana con la cerza ‘ndedarata, cantata da Butera se le è portate via la cementificazione. C’è la villa comunale modernizzata con barbecue e bagni. E se continuiamo ad andare a spasso arriviamo al Pub “Il Brigante” e al campetto polivalente. Ma non c’è più il bazar Cimino. Ora andiamo a Ru Casale. Il bar di Maurilio lo ricordiamo in pochi.
E poi…sempre a spasso per Conflenti
A Loreto si dice la prima messa della domenica, ma non si celebrano più cresime, battesimi e matrimoni. La chiesa di San Nicola, abbandonata da decenni, è ormai un rudere. L’attuale amministrazione sta preparando un progetto per restaurarla. U chianiattu, Trazzinu, Maruatti sono ancora luoghi bellissimi. Ma in questi vicoli non ci sono più cistari, varrilari, forgiari, mastazzolari, produttori di cera e di bachi da seta. U negoziu e scarpe de Francischina e de Ntoni Vesciu non c’è più. Al Giru u postale il Postale gira ancora ma per pochi passeggeri. Sulla scarpata prospiciente sopra piazza dell’emigrato è stata posta una statuetta, ormai circondata da erbacce. Passiamo dal negozio di alimentari di Ortenzio aperto da poco. Più sotto troviamo lo storico negozio di Bartolotta di ferramenta, sanitari, mangimi, concimi, che rifornisce muratori, allevatori e contadini da decenni. Cicciu Svenato ha chiuso, ma ha aperto la concessionaria Stranges, unica in paese.
Ed eccoci di nuovo
Eccoci di nuovo al comune. Saliamo via Butera ed ecco l’edificio scolastico e la palestra. Laddove c’erano, tra medie ed elementari, sedici classi da più di venti alunni, ora non ci sono più di cinquanta in tutto. Ecco la caserma dei carabinieri. Passiamo davanti Villa Giuliana del compianto e amato dottor Carnovale e di sua moglie Giuliana. L’officina e Mastru Pinu tra macchine in riparazione e rottami ci ricorda che siamo tornati are Ciambre. Per chiudere arriviamo al Bar Castello oggi di Nicola Stranges. Seduti con una birra o un gelato ricordiamo u spezzatinu e Micu Carinu, il pollo arrosto, le file di turisti che in quei tempi affollavano i tavoli. Quante mbriacate giocando a Patrune e sutta nelle serate d’inverno. E Micu che si arrabbiava perché lo lasciavamo sempre all’umbra ma si rallegrava quando chiudeva la cassa. Quante coppie si sono incontrate per la prima volta qui.