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MEMORIA TRADIZIONI

Quando il parto e la gravidanza erano “cose di casa”

Il parto: La Mammana quadro

Oggi dal concepimento alla nascita mettere al mondo un figlio è un continuo susseguirsi di visite ginecologiche, ecografie, analisi e monitoraggi vari. Alla fine dei nove mesi di gravidanza poi c’è il parto cesareo, il parto in acqua, il parto pilotato, la ventosa, ect. ect. Il tutto con tanto di sala operatoria all’avanguardia ed equipe medica di prim’ordine. Una volta, invece, per esempio quando siamo nati io e i miei fratelli e sorelle, gravidanza e parto erano “cose di casa”.

La gravidanza e il parto in casa

La gravidanza, un tempo, si scopriva per esperienza o per caso, il ginecologo non esisteva e le sue funzioni venivano espletate dalle donne più esperte della famiglia. O, quando proprio serviva, dal medico condotto (u miadicu Muntuaru, u miadicu Carnovale). Alla fine dei nove mesi, quando alla partoriente iniziavano i dolori del travaglio, si correva a chiamare la vammana, o mammana che dir si voglia. A Conflenti erano a mugliere du maestru Donatu, Elisabetta, o Cristina, detta Titina, di Martirano. La sala parto era la camera da letto matrimoniale e le assistenti al parto erano le donne più grandi ed esperte, nanna Santa, nanna Tiresa, za’ Ncilina, za’ Norina. Arrivata la mammana, e nell’imminenza del parto, si preparavano panni puliti e acqua tiepida.

Il parto: registrazione
Un esempio di registrazione di nascita presso l’ufficio anagrafe del comune

Una volta nato il nascituro veniva avvolto in un panno di lino e presentato alla famiglia trepidante e poi messo nel letto insieme alla mamma. Il corredo del neonato erano pannizzi (panni di lino), ‘u mpassaturu, ossia un panno grande con cui si avvolgeva il bimbo, a fassa, una fascia che si metteva sotto le ascelle e serviva a mantenere chiuso u mpassaturu, e, infine, scarpette fatte a mano. Non c’erano culle e cullette, c’era a naca, non c’erano ovetti marsupi, carrozzine. Il pannolino non era in materiale morbido e assorbente ma era un panno di lino. Il biberon era di vetro, il ciuccio spesso era un fazzoletto annodato. La donna dopo il parto rimaneva a letto il tempo necessario per riprendersi. E poi tornava alla solita routine e alle sue fatiche e spesso il neonato la seguiva nei campi e nelle vigne intra a Naca.

Il parto: a naca, la culletta di un tempo

Altri mondi, altri tempi

Non stiamo parlando di secoli, ma di pochi decenni fa. I bambini conflentesi hanno continuato a nascere in casa fino alla fine degli anni ’70. L’abitudine di recarsi in ospedale iniziò a diffondersi intorno alla metà del settanta e divenne la norma dagli anni ’80 in poi. Altri modi, altri mondi, altri riti e usanze. Un mondo più umano e con più amore in cui la casa e la famiglia erano il centro di tutto.

Quando il parto e la gravidanza erano “cose di casa” ultima modifica: 2019-10-28T10:31:20+01:00 da Giancarlo Villella

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