Fino a quasi la metà del secolo scorso i matrimoni erano dettati da convenzioni e consuetudini sociali, con predominanza dell’uno o dell’altro a seconda che si trattasse di matrimoni aristocratici o popolari.
Quando un ragazzo iniziava a frequentare la casa di una fanciulla, iniziava un corteggiamento che quasi sicuramente finiva con il matrimonio. La promessa di matrimonio veniva formalizzata con lo scambio dell’ oro.
I promessi sposi nel periodo precedente al matrimonio, non venivano mai lasciati da soli. Vi era la costante presenza di un familiare. E se malauguratamente il fidanzamento veniva interrotto, il pegno d’amore doveva essere restituito. Agli occhi della gente la ragazza ormai era sbrigugnata; na fimmina de sicunna manu destinata a restare nubile oppure, in casi rari, sposava uno sconosciuto, uno che non era del paese.
Ma il più delle volte i corteggiatori respinti non si arrendevano e con le buone o con le cattive impedivano l’arrivo di nuovi pretendenti. Molto spesso queste povere ragazze, spinte dai pettegolezzi del paese, dalla vergogna e purtroppo anche dalle famiglie acconsentivano alla ripresa del fidanzamento e ad un successivo matrimonio che il più delle volte si rivelava la loro rovina. Il matrimonio le liberava dall’oppressione del padre-padrone e le incatenava alla volontà tirannica di un marito-padrone.
Le Monache di casa

Il sogno di tutte le ragazze era quello di non rimanere zitelle (condizione considerata umiliante). Ma se, purtroppo, la proposta di matrimonio non arrivava, molte di queste giovani ragazze sceglievano di diventare “monache de casa”. Decidevano di sottomettersi al sacrificio e al lavoro nella penitenza e nella castità. Rimanevano a vivere con i genitori e con l’ultimo fratello sposato perché era lui che, con la moglie, avrebbe ereditato la casa paterna. Ed è così che la giovane sposa, oltre ai suoceri, si trovava a condividere con la cognata le gioie e i dolori della vita matrimoniale. Potete immaginare con quanta felicità…
Successivamente invece, per i nipoti diventavano delle seconde mamme alle quali si poteva chiedere complicità. Dei veri angeli custodi pronti a difenderli ad ogni evenienza perché, in qualche modo, quelli erano anche loro figli.