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“I coloni” nel ‘900 a Conflenti e il legame con le famiglie nobili

Coloni

Per comprendere le caratteristiche dell’agricoltura Conflentese nei primi anni del ‘900, i suoi perduranti limiti, le sue positività, è fondamentale rifarsi al passato, recuperando fonti, analisi, ricerche e spunti che si rivelano preziosi anche nel tentativo di infrangere luoghi comuni, e di non limitarsi alle solite chiacchere. Non va sottovalutato l’enorme valore che ha ricostruire la dimensione identitaria di Conflenti, attraverso la sua sua storia che si conta in millenni. 

I coloni e il legame con le famiglie nobili conflentesi

A Conflenti, coloni, garzuni, massari e padroni del bestiame e delle terre riportavano nelle campagne la struttura sociale della piramide feudale. Il rapporto economico, legava le nobili famiglie conflentesi ai coloni 
messi di continuo alla prova dalle ricorrenti carestie. Oggi parlare di colone significa  ricordare sudore, miseria e fatica perché quasi nessuno da  il giusto valore al lavoro e alla  fatica delle classi più umili.
Le ricche famiglie proprietarie di terreni davano a lavorare il proprio podere ad una famiglia contadina e tutta la produzione era divisa a metà fra proprietario e contadino. Molti terreni venivano affittati per tre anni a ervaggiu ad uso di pascolo in cambio di prodotti da stalla dell’orto e animali da cortile.

Pastore Con Pecore
Foto di Umberto Stranges

I terreni dati a ervaggiu

Famoso era  l’ervaggiu donna Rusina e de Diamante Stranges ‘e vuapu a ri cavaddhruzzi.  Si concedevano l’ervaggi a ri campagnuali per pascolo del loro bestiame (buoi, vacche, ecc.) ed ai capimandra dei casali de Rivintinu. Quest’ultimi con i loro piacurari calavano in autunno con le loro mandrie, composte soprattutto da pecore.  Le grandi mandrie avevano bisogno di vasti pascoli e perciò, oltre ad utilizzare i propri, dovevano prendere in fitto altre terre ad uso erbaggio da altri aristocratici e della Chiesa. Su queste terre pascolavano, le numerose murhe di animali vaccini (capre pecore vacche , giumente  e porci). Alla semina, o a maggio, poco prima della raccolta il padrone del terreno inviava una persona di fiducia, di solito un massaro, con la menzarola stabilendo i tomoli di grano, che dovevano essere pagati.

Il colono era costretto a contrarre altri obblighi per procurarsi il necessario per poter vivere con la sua famiglia fino alla raccolta. Innanzitutto egli doveva aver cura e nutrire i buoi e gli altri animali, che lo avrebbero accompagnato, fornendogli l’aiuto principale, per tutta la sua opera.

La casa colonica era posta sul podere e disponeva  di una grande aia dove si trebbiava il grano o si sfogliavano le pannocchie del granturco. Nell’aia scorrazzavano diversi animali galli, galline, polli, anatre, oche. Dietro casa vi era sempre un orto un forno e il pozzo. La vita del colono si svolgeva per la gran parte nel silenzio della campagna lontano dal paese, il che spiega il carattere conservatore dei contadini, piuttosto restii ai cambiamenti, e legati alle tradizioni e ai ritmi immutabili della terra e delle stagioni.
D’altra parte, il notevole numero di famiglie che vivevano nei casali costituiva una piccola comunità capace di legami di solidarietà e sostegno reproco.

“I coloni” nel ‘900 a Conflenti e il legame con le famiglie nobili ultima modifica: 2021-06-07T12:03:14+02:00 da Lucy Stranges

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