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L’antico mestiere “du quadararu”

Bottega Calderaio

Nessuno più del lavoro du quadararu ci riporta nel mondo dei mestieri antichi facendoci quasi rimpiangere quel mondo carico di ideali e di buone maniere. Un mestiere ormai scomparso che ci ricorda il passato e la fatica dei nostri nonni e dei nostri padri che giornalmente vivevano per portare a casa un pezzo di pane, frutto del loro sudore e del loro duro lavoro.

U quadararu

U quadararu era sempre unto di nero, il suo viso era nero come neri erano i suoi vestiti. Anche la forgia solitamente era un piccolo locale nero, pieno di fuliggine e maleodorante di acido muriatico. Ma lui era un’artista! Un’artista nel riparare gli oggetti di rame o a crearne dei nuovi. Se una quadara, per il troppo uso, si sfondava o si ammaccava in più punti lui la rimetteva a nuovo; se era rotta e ci voleva una pezza, che ricavava da una vecchia pentola non più utilizzata, l’applicava esternamente con dei chiodini di rame. Invece, se doveva mettere a nuovo l’interno della pentola, rendeva prima liscia, lucente e uniforme la superficie e poi stendeva dello stagno strofinando con una matassa di canapa fino a quando il lavoro non era eseguito alla perfezione.

ricordi della lavorazione del maiale: Nuazzuli
lavorazione del maiale: i nuazzuli

Un periodo di gran lavoro e dell’entrata sicura ppe ri quadarari, coincideva con l’uccisione dei maiali. Ogni famiglia controllava scrupolosamente, prima delle frittule, le condizioni della quadara, perchè era risaputo che, le pentole di rame, prima di essere utilizzate devono essere stagnate di tanto in tanto, altrimenti le sostanze rilasciate nei cibi potevano diventare pericolose per la salute.

U quadararu a Conflenti

Nel nostro paese, in cui è molto viva la tradizione dei soprannomi, è ancora possibile rinvenire nomignoli legati proprio a questa professione.
Uno dei più rinomati quadarari era Giosuè Pasqua detto Franciscu u quadarru. Originario di Grimaldi, arrivò a Conflenti dove svolse dapprima l’attività di venditore di rame e successivamente si dedicò alla professione de quadararu. La sua bottega si trovava nei pressi del bar Centrale. Era composta da due locali, in uno vendeva le sue creazioni e nell’altro effettuava i lavori.

Nella bottega, con le mani incallite, insegnò questo mestiere a due dei suoi figli: Lissandro e Gigino. Insegnò loro a riparare e a creare caldaie, pentole, tegami, bracieri e tutto l’occorrente per la cucina. Con una cesoia ritagliava le lamiere, le piegava, le modellava sul fuoco con il solo uso del martello e, infine, le saldava. Negli ultimi tempi, la loro maestria era molto ricercata per la costruzione di recipienti per l’olio, le giarre!

Era Mastru Franciscu ad organizzare il lavoro e i figli lo seguivano in tutto. Si spostavano di paese in paese offrendo i loro “servigi”; si recavano a piedi nelle fiere del circondario per vendere i loro prodotti. Una vita difficile, fatta di sacrifici e di duro lavoro che li teneva lontani da casa e dalla famiglia ma che permetteva loro di avere il necessario per vivere una vita decorosa.
Alla sua morte, i due fratelli continuarono a lavorare insieme per pò di tempo ma poi decisero di dividersi. Lissandro continuò a lavorare nella bottega del padre mentre Gigino ne aprì una nuova in via Marconi, in un locale di Arnoldo il macellaio, e vi rimase fine alla fine degli anni ’70.
Purtroppo, nessuno dei nipoti, un po’ per l’emigrazione un po’ per l’avvento della tecnologia, ha continuato a svolgere questo mestiere e a mantenere viva la tradizione.

I quadarari ambulanti

Dopo Giginu e Lissandru , a Conflenti, iniziarono ad arrivare i quadarari ambulanti. Richiamavano l’attenzione delle donne urlando a squarciagola: “U quadaraaru! E’ arrivatu u quadaraaru”! Urlo inconfondibile che risuonava per le vie del paese. Subito le donne si precipitavano sull’uscio di casa e consegnavano nelle loro mani pentole, caldaie e altri utensili in rame che avevano bisogno di essere riparati.
Questo artigiano, aveva però la fama di essere abbastanza sfortunato perché tutte le volte che arrivava pioveva o nevicava e il suo lavoro, essendo all’aperto, diventava più faticoso. Ecco da dove arriva il modo di dire “tiani a fhurtuna du quadararu” volendo così indicare una persona sfortunata. A lavoro finito, si spostavano in un’altra via nella speranza  di portare a casa, a fine giornata, lo sperato guadagno.

Esposizione Di Pentole In Rame
Esposizione di calderoni in rame

Ormai, la figura di questo artigiano è scomparsa. Ai nostri tempi gli oggetti in rame sono conservati e usati solo come ornamento per la casa, nessuno più pensa alla utilità che hanno avuto un tempo. In pochi ricorderanno e saranno affascinati ancora oggi da quel mestiere fatto da gente semplice ed onesta che con orgoglio mostrava il sacrificio del loro duro lavoro.

L’antico mestiere “du quadararu” ultima modifica: 2021-04-16T10:40:00+02:00 da Redazione

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