Oggi 25 0ttobre ricorre la giornata mondiale della pasta italiana ed ecco che nella mia mente si fanno vivi alcuni ricordi che mi fanno tornare bambina. Risento il suono del legno du maccarunaru, lo schiocco della sfoglia lavorata sul tavolo, e rivedo mia mamma con il fadale stretto in vita e mani esperte e sporche di farina stendere na pinna de tagliarini. I suoni della cucina riportano alla mente immagini lontane, custodite come gioielli preziosi in quello scrigno che è la nostra mente.
Preparare questa pietanza non è solo una maestria tramandata dalla gastronomica locale ma è anche pazienza, cura, famiglia. Un lavoro quasi terapeutico e di soddisfazione durante il quale si abbandona ogni pensiero negativo. Un lavoro che si perde in un tempo lontano in cui semplicità e amore per le tradizioni si rincorrevano. Non c’è sapore più semplice e gustoso di un piatto tradizionale come questo che parla di calore e di famiglia.
I tagliarini: una varietà di pasta all’uovo della cucina italiana
E quando si avvicina il fine settimana o si decide di invitare parenti e amici è il motivo giusto per prepare due pinne de tagliarini. Eh sì! La domenica conflentese e i giorni di festa sono le giornate in cui si prepara la pasta fatta in casa. E ancora una volta la tradizione conflentese si tinge di rosa, mostrando l’importanza che le donne rappresentano per la famiglia. Come ai vecchi tempi, quando la nonna si svegliava all’alba dividendosi tra le mille incombenze cui obbligava la campagna per poi dedicarsi alla cucina. Preparare questo piatto, era ed è, un modo per rivivere i ricordi più belli dell’infanzia e riunire a tavola i propri cari, avendo la certezza di offrire una pietanza carica di emozioni.
La ricetta prevede un uovo per 100 gr di farina anche se, una volta, a causa dell’eccesssiva povertà riducevano il numero di uova e aggiungevano dell’acqua. Curve sulla spianatoia, le nostre nonne, con mani tremanti e rugose, amalgamavano farina e uova, affondando e puzijannu nell’impasto. Quella sfoglia tirata a mano con il mattarello, sul grande tavolo, diventava un lenzuolo rotondo bellissimo. E poi, arrotolata su se stessa, veniva tagliata a striscioline sottili con un coltello molto affilato e srotolate davano vita alle tagliatelle. Guai ad usare la macchinetta per la pasta. Era quasi un sacrilegio.
E mentre i tagliarini riposavano sotto una vecchia tovaglia infarinata aspettando l’ora del pranzo, nella pentola cuoceva un semplice sugo di pomodoro fresco. Che delizia questi piatti genuini che oltre a soddisfare il palato, nutrono anche l’anima.