Conflenti e la dura vita del pascolo e dei pastorelli – itConflenti

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STORIA STORIE TRADIZIONI

Conflenti e la dura vita del pascolo e dei pastorelli

Pascolo

Una delle attività che ha permesso ai nostri nonni di vivere è stato sicuramente il pascolo. Di sicuro quello più praticato era il pascolo delle capre, il quale permetteva anche la produzione del formaggio che a sua volta veniva venduto durante il mercato a Conflenti Superiore o direttamente casa per casa su richiesta.

Il pascolo e il duro lavoro dei pastorelli

La mattina presto i figli dei pastori partivano col gregge raggiungendo addirittura la cima del Monte Reventino, per rientrare al tramonto. Le giornate erano lunghe, soprattutto il periodo estivo quando i ragazzi non erano impegnati con la scuola. Spesso, invece, durante gli inverni, tornati finite le lezioni raggiungevano i fratelli al pascolo e lì erano costretti a fare e liziuoni, cioè i compiti assegnati dal maestro. Le difficoltà che questi giovani incontravano durante i loro viaggi quotidiani erano sostanzialmente due. Il cattivo tempo che li costringeva a rifugiarsi o sotto grandi pietre presenti sul Reventino, come la famosa Pietra del Corvo, o nelle vecchie case diroccate che avevano ancora parte del tetto. Lì la pioggia entrava dentro ma c’era lo spazio per stare seduti in un angolino. Mentre anche le capre se guardavanu l’acqua, cioè cercavano riparo vicino agli arbusti di castagno.

Pascolo: Capre e capretti

Il secondo intoppo avveniva, invece, quando si incontravano tra loro i pastorelli e giocavano insieme distogliendo lo sguardo dal bestiame. In quel caso rischiava che jia a dannu, ossia andava negli orti della gente facendo danni che dovevano poi essere risanati economicamente o con prodotti provenienti dalla terra. Seguiva un rimprovero abbastanza duro appena la notizia giungeva al genitore. La sera, rientrati, andavano a riposare davanti al camino. La nonna portava loro indumenti puliti e asciutti, mentre la madre si adoperava per la mungitura. Vi erano famiglie con un numero di capi abbastanza cospicuo, e quindi necessitava qualche ora per terminare la mungitura. Quest’ultima avveniva nella stalla tra l’odore del letame mischiato a quello del fieno mietuto qualche mese prima.

pascolo:  una signora che fa il formaggio

La lavorazione del latte

Per far quagliare il latte, cioè renderlo solido dallo stato liquido, si usavano gli enzimi presenti nel caglio naturale. Ogni famiglia lo aveva appeso in cucina. Si tratta dello stomaco dei capretti che non avevano ancora mangiato erba ma che avevano solo ed esclusivamente bevuto latte materno. Si ottiene quindi una cagliata piuttosto tenace definita dai nostri nonni u squadatu, una sorta di mozzarella poi messa nelle forme dette fuscelle, solitamente fatte con rami di salice. Per tirare fuori u squadatu, poi, si effettua la rottura della cagliata. In pratica, la massa gelatinosa veniva rotta in frammenti più o meno piccoli, con notevole aumento della superficie attraverso cui il siero fuoriusciva. Tutto questo mentre la pentolaccia era sul fuoco. Il siero si dava ai maiali insieme al farinacciu, un macinato fine di frumento.

Conflenti e la dura vita del pascolo e dei pastorelli ultima modifica: 2017-09-19T13:16:05+02:00 da Ema Rox

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